Dorothea Lange: fotografa della realtà, anche di quella scomoda

La fotografa e documentarista statunitense Dorothea Lange ha raggiunto fama mondiale grazie agli scatti che hanno descritto la vita degli Americani durante i “ruggenti anni Venti”.

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Lo scopo della fotografia

Lange prediligeva un uso della macchina fotografica esclusivamente documentaristico ed informativo, ignorando l’aspetto tecnico e qualitativo delle immagini. In questo modo è stata in grado di umanizzare il periodo della Grande Depressione e di creare un rapporto quasi intimo tra il fruitore e i soggetti da lei immortalati.

Il suo unico scopo era quello di testimoniare le grandi problematiche presenti in un Paese che si mostrava invece come promotore di benessere e perfezione. Riuscì, con tanta semplicità e schiettezza, a creare un quadro reale dell’America di quel tempo. A Dorothea Lange si associano spesso immagini riguardanti l’immigrazione, la crisi economica e climatica, ma non è solo questo!

“La macchina fotografica è uno strumento che insegna alle persone come vedere senza macchina fotografica.”

Gli scatti censurati

Tra le numerose tragedie che ha causato la Seconda Guerra Mondiale, Dorothea si occupò di immortalare una vicenda spesso dimenticata e poco conosciuta in quanto tenuta nascosta dal governo americano: dopo l’attacco di Pearl Harbor, il presidente Roosevelt ordinò che tutti i Giapponesi residenti negli Stati Uniti fossero trasferiti in campi d’internamento. La fotografa documentò le operazioni di evacuazione e ricollocamento, ma l’esercito americano sequestrò gli scatti nascondendoli almeno fino al 2006. Circa 120mila persone d’origine giapponese furono costrette ad abbandonare le loro case, il loro lavoro e le loro proprietà.

Fotografare con la testa e con il cuore

Oliviero Toscani, fotografo milanese, espose in un suo libro un concetto che mi è rimasto impresso: il fotografo dovrebbe, metaforicamente, porre sempre la macchina fotografica non davanti a sé, ma dietro la propria testa. In questo senso, Toscani vuole sottolineare il fatto che il fotografo prima di scattare deve riflettere molto attentamente, e solo dopo potrà immortalare il momento.

Questo è un concetto chiave che, visitando la mostra di Lange, emerge chiaramente dai suoi scatti. È evidente l’attenzione, l’empatia e la voglia da parte dell’artista di cambiare la realtà immortalata, al di là dell’aspetto puramente documentaristico e informativo.

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