Qui si fa l’Europa: Elezioni, e altre storie

La politica europea è fatta anche di elezioni nazionali: il futuro di Germania e Francia, e altre storie su Qui si fa l’Europa!

Care sei Persone che leggono questa rubrica e care Persone appena arrivate (qui per saperne di più), spero abbiate passato delle buone Feste. Il mese di dicembre è giunto al termine e, tra baruffe lavorative prefestive e festività, è probabile che la vostra attenzione sia stata posta altrove: non temete, c’è QSFE per questo!

Elezioni in Germania: la mutti e il semaforo

Da questo mese, per la prima volta in sedici anni, la mutti Angela Merkel non è più Cancelliere federale della Germania. Mercoledì 8 dicembre il Bundestag, il Parlamento tedesco, ha approvato con 395 voti la nomina a tale carica del socialdemocratico Olaf Scholz. La maggioranza del nuovo governo, ufficialmente in carica dal momento in cui il Presidente della Repubblica federale Frank-Walter Steinmeier ha consegnato a Scholz l’elegante documento in copertina blu, è detto “semaforo”, dal colore dei partiti che lo formano, ovvero i socialdemocratici di SPD (rosso), i liberali di FDP (giallo) e i verdi Grünen (verde).

Il nuovo governo si è presentato ai tedeschi con l’ambizioso piano di investire mantenendo il pareggio di bilancio (nota: dal 2009, l’obbligo di mantenere il suddetto pareggio è inserito nella Costituzione, anche se, recentemente, molti hanno notato che questo dogma non è più tanto tale). Dico ambizioso perché, ai più, il programma economico sembra composto da norme che si eludono vicendevolmente: aumentare del 25% il salario minimo, costruire con finanziamenti pubblici 100mila appartamenti all’anno, istituire un fondo di 50 MLD per combattere il riscaldamento globale (nota: la Germania è il paese UE più legato ai combustibili fossili) e non aumentare le tasse o introdurne di nuovi. Vedremo come faranno quadrare i conti.

Guardando altrove, il governo è compatto sull’atteggiamento europeista da non variare, continuando ad essere un punto stabile nell’Unione Europea. Alcune posizioni – salario minimo, legalizzazione della marijuana, la grande vicinanza a uno dei creatori del Recovery Fund Jörg Kukies, la combattività di Annalena Baerbock agli Esteri e così via – potrebbero, però, generare un effetto domino (positivo? negativo? chissà) in tutt’Europa.

Non posso sbilanciarmi sul futuro: non è il luogo, non è il momento. Prendo, però, spazio per suggerirvi di approfondire la figura di Angela Merkel, i suoi successi e i suoi errori. Un buon punto di partenza per farvi una vostra idea potrebbe essere il breve thread del giornalista David Carretta.

Elezioni in Francia: chi sono i candidati?

Emmanuel Macron (La République En Marche) festeggia davanti al Louvre al sua vittoria. Suona, mentre è sul palco, anche l’Inno alla Gioia, l’Inno europeo. La sua vittoria è storica, in controtendenza rispetto quelli che, per molti, sono gli anni dei sovranisti, rispetto alle vittorie di Trump e dei Brexiter. Sembra ieri, ma sono passati quasi cinque anni: è nuovamente il momento di parlare di Elezioni Presidenziali francesi.

Premessa. Qui cercherò di presentare le candidate e i candidati e collocarli nello schieramento politico. Approfondiremo le idee (o non idee) nel corso dei mesi che ci separano dalle elezioni.

Il Presidente

In questi anni di presidenza, Macron sembra essersi spostato sempre più verso il centro-destra (nota: il trattino è importante), tanto che il piccolo Agir, la droite constructive, costola di centro-destra fuoriuscita dal Les Républicains (LR), ha deciso di sostenerlo in Parlamento e alle prossime elezioni. Già dopo le Europee 2019, in cui la destra tradizionale è andata maluccio (e i socialisti malissimo), si è incominciato a sottolineare un flusso di voti proveniente dalla componente di destra moderata di LR verso LaREM. Per via di questi flussi, e delle politiche che li hanno causati, molti hanno posto il partito dell’attuale Presidente (stabilmente al primo posto nei sondaggi) entro il parterre della destra. O meglio, entro l’affollatissimo parterre della destra, dove risulta essere l’unico liberale moderato.

La destra

Oltre l’eccezione del, permettetemi la licenza, “centrismo di destra” di Macron, a destra si trovano diversi candidati provenienti dalla destra-destra e dall’estrema destra. The Economist ha scritto che “In Francia va registrato uno sconcertante ritorno del pensiero ultranazionalista“: una questione non di poco conto.

Andando con ordine, a guidare Rassemblement National (RN) troviamo sempre Marine Le Pen, arrivata seconda nel 2017. Stando all’ultima tornata elettorale (le regionali di giugno 2021), il partito sembra in calo, con una prestazione sottotono. Risulta altresì vero che, nelle già citate elezioni del 2019, oltre al flusso verso LaREM, è stato notato un flusso della destra più conservatrice verso RN.

Quali dei due casi rappresenta il vero? Tutti e due, o forse nessuno, dipende dai punti di vista. Le elezioni del 2019 hanno certificato lo spostamento a destra dei francesi: i centristi si sono avvicinati al centro-destra, il centro-destra alla destra-destra e così via. Le elezioni del 2021, però, vanno prese con un certo distacco (nota: le regionali non rispecchiano sempre il paese; esempio: una tornata italiana di regionali con solo “regioni rosse” non significa che il centrosinistra vincerà le elezioni), ma hanno certificato che l’ambiente di destra-destra ed estrema-destra è così affollato da potersi “mangiare” il consenso da solo.

Infatti, oltre a Le Pen, l’estrema destra è occupata dall’ingombrante conduttore Eric Zemmour, la cui campagna elettorale è incominciata con scontri e violenze, e dalla destra-destra di Valérie Pécresse, candidata di LR. A proposito di Pécresse, va detto che è una stata a lungo vicina alle figure istituzionali, avvicinandosi solo ultimamente alla destra più conservatrice di LR, il che la rende una candidata in grado di vendere una posizione di “baricentro della destra“. Non mi stupirei se accedesse lei al ballottaggio con Macron.

La sinistra

Quel che (mi) sembra abbastanza probabile (se non quasi certo) è che la grande non invitata al ballo sarà la sinistra, sia quella radicale (in minor parte) che quella moderata (soprattutto). Sarà pur vero che da qui ad aprile 2022 potrebbe farsi più forte l’effetto della candidata Anne Hidalgo sul Parti Socialiste, ma, a qualificati e meno qualificati (come chi scrive) osservatori, sembra improbabile che incida granché: svuotato a destra da Macron e a sinistra da Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise), il PS non ha più un elettorato a cui rispondere, visto che, come twitta Francesco Maselli, per ogni cosa esiste un partito “più forte”. Staremo a vedere che cosa accadrà da qui ad allora, se la proposta di Hidalgo di fare delle primarie che uniscano tutta la sinistra (Hidalgo, Mélenchon, i verdi di Jadot, i comunisti di Roussel, l’ex ministro Montebourg, gli anticapitalisti di Poutou e di Arthaud) si concretizzerà.

In Uk, l’aria di crisi scompiglia Boris Johnson

Non è un periodo facile per il Primo Ministro inglese Boris Johnson.

Il leader dei Tories è, infatti, al centro di numerose (e turbolente) polemiche. Andando con ordine, il primo a essere sconvolto è stato il Partito Conservatore, messo in difficoltà da alcune accuse di corruzione.

Il leader, invece, è stato direttamente coinvolto in uno scandalo legato a una presunta serie di feste natalizie organizzate nel dicembre 2020, mentre il paese si trovava in pieno lockdown. Il fatto ha già portato alle dimissioni di Allegra Stratton e alla formazione di una commissione interna d’indagine presieduta da un membro del governo che, a quanto pare, avrebbe preso parte al party stesso.

Il 14 dicembre, Johnson ha subito un ulteriore colpo, forse il più duro di tutti: 99 deputati conservatori si sono rifiutati di approvare approvare le nuove restrizioni contro la pandemia da Coronavirus, ribellandosi al governo. Fra le altre, la misura più contestata è stata l’introduzione di una versione inglese del Green Pass per locali notturni, eventi sportivi e ad i grandi eventi. Queste misure, molto più blande che nel resto d’Europa, sono passate solo grazie al voto dell’opposizione laburista, e questo nel governo con la più grande maggioranza dal 1987 ad oggi: una bruttissima sconfitta per il premier.

A questo, il 18 dicembre, si sono aggiunte le dimissioni di David Frost, ministro a capo dei negoziati per la Brexit. Nella sua lettera, Frost ha contrapposto alla sua immutata stima nei confronti del Primo Ministro una serie di “preoccupazioni per l’attuale direzione di marcia” presa da governo.

Siamo difronte, dunque, a una crisi del Tory, certificata dai sondaggi e dalla sconfitta nel collegio North Shropshire che, dopo decenni nelle mani dei conservatori, è stato vinto da Helen Morgan (LibDem). La crisi è, però, ancor più nera per Johnson: molti, nel suo partito, non lo vedono più adatto alla figura del leader. Se non fosse più leader, tra l’altro, non sarebbe neanche più Primo Ministro.

Agire soli, agire insieme?

Il 14 dicembre, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza che introduce l’obbligo di presentare un test (antigenico o molecolare) negativo per tutte le persone in partenza dai paesi UE verso l’Italia.

La variante Omicron ha una capacità di diffusione nettamente superiore alle altre varianti. Allora noi, almeno fino ad oggi, abbiamo una situazione relativamente favorevole, perché da noi sono meno dello 0,2%. In altri paesi europei, per esempio la Danimarca, è molto diffusa e poi anche nel Regno Unito è diffusissima, per cui si è pensato di attuare la stessa pratica che si usa oggi per i visitatori che provengono dal Regno Unito: un tampone.

Mario Draghi, in seguito alle polemiche sull’ordinanza

La decisione, cha fa seguito a quella di Portogallo e Irlanda, mira a limitare la diffusione della variante Omicron. Rende, però, de facto inutile il Green Pass europeo, con un’iniziativa del tutto individuale. Va sottolineato, infatti, che la decisione italiana è stata presa senza consultare gli altri paesi dell’Unione e appena due giorni prima del Consiglio Europeo. Come è facile immaginare, le critiche sono state corpose.

Gli insiders raccontano di un Consiglio molto accesso, con Belgio, Estonia e Spagna in prima linea nel criticare l’Italia. Ciò, contrapposto ad alcuni paesi schierati “in difesa” dell’ordinanza, avrebbe reso impossibile giungere a conclusioni efficaci (nota: se leggete le suddette, noterete come vi siano solo indicazioni generiche). Risulta non essere allineato con Mario Draghi neanche Emmanuel Macron, così come Olaf Scholz.

Interpolazione sul giornalismo italiano

Ho provato a trattenermi, lo giuro. Mi sono detto “lascia stare” per quasi tutto il mese, ignorando le discettazioni fallaci e ingannatrici di taluni giornali. Ho poi, però, letto un titolo “Ue, passa la linea Draghi” e non ho resistito. Non ho resistito perché il titolo di Repubblica è ben più grave delle tante falsità che avete letto sui giornali di destra in questo mese.

Quando i giornali di destra scrivono che la UE vieta di festeggiare il Natale, mentono. Semplicemente. E lo fanno per rendere più violento e polemico il dibattito. La soluzione? Passare oltre, non ingigantire la polemica per non fare quel gioco. E fare polemica dopo il 27 di ogni mese, cosicché io non mi possa arrabbiare tra le righe di questa rubrica. La vicenda degli inchiostri (che ha spopolato anche non a destra)? Di vero, ha poco. Molto poco.

Quando un giornale che moltissime persone reputano autorevole pubblica un titolo così sciatto, il problema è ben più serio. Sia per i motivi che esplicita il giornalista de ilPost Luca Misculin in un tweet, sia perché si genera, con un effetto domino, una dannosa serie di notizie non necessariamente false, ma inesatte.

Qual è la linea Draghi che sarebbe passata, se i Paesi “più forti” dell’Unione sono contrari? Qual è la vittoria italiana? Non è, semplicemente. Anzi, siamo difronte a una sconfitta: dopo esserci lamentati per mesi della mancanza di visione comune sulla pandemia, prendiamo decisioni in completa autonomia.

Capisco che, agli occhi di molte Persone che leggono, questa mia polemica potrebbe sembra pretestuosa. Per alcuni, forse, anche cerchiobottista, visto che critico sia a destra che a sinistra. Se state leggendo questa interpolazione è perché credo sia importante capire che le cose sono sempre più complesse di un titolo. Le cose vanno approfondite, vanno appurate. Non è per masturbazione intellettuale che lo dico, ma perché spero che non si prosegua su questa china, secondo cui tutto è vero e tutto è falso. Lo dico perché, nel mio piccolo (piccolissimo) cerco di fare qualcosa di utile, e spero di ruscirci.

Fatemi sapere la vostra nei commenti. Magari, sono veramente solo un rompiscatole. Per il resto, buon anno, ci leggiamo dopo la sospensione delle attività!

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