Milano prende vita con JAZZMI

Dal 31 ottobre al 10 novembre si è svolta a Milano la quarta edizione di un festival curioso, creativo e libero da costrizioni: JazzMi.

L’edizione di quest’anno, ricca di opportunità per ogni pubblico, ha permesso ad artisti abituati prevalentemente a un pubblico di nicchia l’accesso a una platea più varia, ampia e pronta a essere meravigliata.

JazzMiAround, il jazz per tutti, da tutti

Uno degli aspetti più sorprendenti e pregevoli del festival è l’iniziativa JazzMiAround, pensata non solo per coinvolgere quei quartieri milanesi più trascurati e meno battuti dalle iniziative culturali del capoluogo, bensì soprattutto per invitare il pubblico, persino quello più scettico, alla scoperta delle bellezze architettoniche e umane racchiuse in questi sobborghi.

Quattro sono state le giornate riservate a questa iniziativa, ciascuna dedicata a un diverso quartiere: Gratosoglio, Corvetto, Casoretto e la zona Dergano-Bovisa. La meraviglia di JAZZMI è proprio l’inclusività e la varietà di proposte ideate per rendere partecipi anche tutti coloro che, pensando non erroneamente al jazz come a una musica d’élite, si sarebbero persi la magia dei black beat suonati dal vivo.

Alcuni artisti, in particolare, hanno colpito la nostra attenzione per la loro profondità e originalità. Senza soffermarci sulle colonne portanti di questo JazzMi, Herbie Hancock e John McLaughlin, fiamme ancora roventi dopo decenni di brillante carriera che hanno incendiato il palco del Conservatorio Verdi con indistricabili ritmi incalzanti, andiamo direttamente a coloro che ci hanno conquistati.

Il mare sul palco: Mauro Ottolini e il suo Seashell Trio

Inevitabile spendere due parole su Mauro Ottolini. Un’anima folle, precisa e appassionata che è stata in grado di ipnotizzare il pubblico del Teatro dell’Arte con il suono ovattato delle sue conchiglie. Proprio così, Ottolini, in compagnia del polistrumentista Vincenzo Vasi, porta in scena uno spettacolo incentrato sui tesori del mare e sul suono che sono in grado di produrre, se posti nelle mani di un musicista tanto meticoloso.

Affascinante come, senza informazioni sulla composizione strumentale, sia impossibile distinguere la differenza tra le conchiglie di Ottolini e un normale suono di ottoni. La performance risulta sempre più strabiliante man mano che viene svuotato il sacco di Babbo Natale, che Vincenzo Vasi pare avere sotto il tavolo di scena: una curiosa bocarina di cuoio, una pistola giocattolo, delle bacchette di legno e, infine, niente popodimenoche un theremin.

Anche l’obiettivo di Ottolini risulta nobile quanto la strumentazione usata: il progetto, dal titolo Seashell Trio, vuole invitare ad aprire gli occhi su quanta meraviglia i nostri oceani racchiudono e su quanto possa essere importante apportare il proprio contributo a favore della loro protezione. Ottolini vive di quanto il mare gli offre e porta in scena la memoria e la storia delle reliquie che, con cura, si permette di suonare.

Melissa Laveaux: la riconsacrazione di un’anima

Un altro personaggio che ha colpito la nostra attenzione è Mélissa Laveaux: una chitarra dai suoni quasi grunge e una voce dalla quale traspare, vivida, una storia importante.

Cresciuta in Canada da genitori Haitiani fuggiti dalla loro isola a causa del duro regime dittatoriale degli anni ’70, Mélissa Laveaux ha sviluppato negli anni una musica folk, contaminata da ritmi jazz e da un sapore quasi indie. L’ultimo album, però, è qualcosa di diverso: le radici haitiane iniziavano a farsi strada in maniera quasi oppressiva nell’animo della Laveaux, che ha sentito l’impellente bisogno di un ritorno alle origini e di un viaggio alla scoperta della propria vera natura. Radyo Sivèl nasce proprio da questa avventura e dalla necessità di raccontare sì, tradizioni folkloristiche e usanze spirituali, ma anche ingiustizie e contraddizioni legate a un popolo ignobilmente bistrattato.

Radyo Sivel rappresenta questo abbraccio di riconciliazione e accettazione tra Mélissa Laveaux e le sue radici: non per nulla, infatti, le canzoni contenute nell’album uscito lo scorso anno sono cantate in creolo, lingua madre di Haiti, lingua che l’artista ha appreso appositamente per la creazione di questo ensemble di melodie. Mélissa Laveaux arriva sul palco e rappresenta nient’altro se non se stessa, il suo percorso e la sua verità con un coraggio e contemporaneamente una dolcezza propri di chi, probabilmente, ha trovato la sua strada.

JazzMi è tante cose: un’iniziativa culturale, un punto di ritrovo, un fulcro di creatività e un motivo di gioia ma, forse più di tutto, JazzMi è un calderone di novità, di sonorità fresche e pronte a essere scoperte dai curiosi come noi.

Lascia un commento