Francesco Pardini a IULM in the Game. Pokémon è un gioco per bambini?

Francesco Pardini è il campione nazionale di Pokémon 2011 e 2015. Ma è anche uno youtuber, un cestista ed è alto quasi due metri.

È venuto a IULM in the Game a parlarci della sua esperienza come giocatore professionista del VGC (Video Game Championship) di Pokémon.

Come hai iniziato a giocare a Pokémon?

Ho cominciato a giocare alle elementari, sul vecchio e glorioso game boy, Pokémon versione rossa. Chiaramente a quell’età la concezione era ancora quella di un gioco come un altro. Insomma, era di moda in classe e ce l’avevano tutti.

C’è anche un aneddoto che riguarda il come ho iniziato a giocare. I miei genitori all’epoca, giustamente, erano contro ai videogiochi. Fatto sta che, come voi sapete, le nonne viziano i loro nipoti e io, dopo lamentela e lamentela, le convinsi a comprare un Game boy assolutamente clandestino. Tutto è quindi cominciato dalle due nonne, che purtroppo adesso non ci sono più; l’ultima se ne è andata dieci giorni fa. Quindi è un po’ “amacord” parlarne, però è anche un modo per ricordarla.

Pokémon versione e rossa e un Game boy azzurro fiammante, per un totale di 200.000 lire. Una cosa fuori di testa allora. Da lì non mi sono fermato più.

Quando è stata la svolta competitiva?

La svolta competitiva c’è stata a dieci anni, quando ero al mare. Avevo come rivale Joele, tutt’oggi amico fraterno. Poi, in maniera più intensa, nel 2005.

Il primo torneo ufficiale in Italia è stato quello che ho vinto io, cioè il nazionale 2011 a Roma, al quale non volevo nemmeno andare. A convincermi è stato il mio carissimo amico Matteo Gini. Ironia della sorte, ci siamo incontrati in finale, e quindi ho battuto proprio la persona che ha fatto sì che partecipassi. Però fu una vittoria per tutti e due, perché in finale avevamo già in tasca il pass per i mondiali di San Diego.

Nel 2015 è stato molto differente per vari motivi, ma vincere in un nazionale è sempre un’emozione incredibile. Perché c’è un mix fra inaspettatato e gioia, perché essere il più forte di tutti è lo slogan di questo gioco.

Come mai hai deciso di aprire un canale su Youtube?

Nel 2015, a Novembre, un piccolo Cydonia mi fece un’intervista. Alla fine nacque del feeling fra di noi e mi disse: “Ascolta, ma… devi aprire un canale youtube o twitch, e devi insegnare come si gioca. Banalmente, fare sessioni di gioco”.

Io provai quasi per scherzo e poi, video dopo video, le cose stavano andando abbastanza bene. Anche perché, senza incensarmi troppo, ho il canale che fa più visualizzazioni del mondo per quanto riguarda il competitivo Pokémon. Essendo i miei video in lingua italiana, la cosa può sembrare strana. Questo, più che merito mio, è merito della community italiana e della sua passione viscerale per le lotte pokémon. Sappiate che c’è un trittico di paesi dominatori, per quanto riguarda per il competitivo pokémon, e non si direbbe mai: Giappone, Stati Uniti e Italia.

La Teoria dei giochi e Pokémon

La teoria dei giochi è lo studio del comportamento individuale in situazioni strategiche. Con il termine “strategico” si intende le situazioni nelle quali ciascun individuo, nel decidere quali azioni intraprendere, deve tener conto delle reazioni degli altri individui.

Secondo te, la teoria dei giochi si può applicare in Pokémon?

La teoria dei giochi si applica in Pokémon a ogni turno. Nei tornei competitivi si gioca due pokémon contro due. Ogni sfidante deve quindi scegliere fra quattro mosse per ogni pokémon, e ogni pokémon può avere un oggetto – gli oggetti da assegnare possono essere scelti tra una centinaia. Ogni pokèmon può inoltre avere tre abilità, che vanno conosciute. Quindi, potete capire che è un cubo di rubick di composizione, innanzitutto del pokèmon dell’avversario. Poi, in realtà, la teoria dei giochi parte in maniera più complicata perché i pokémon sono due. Dunque potremmo dire che è una teoria dei giochi alla seconda in termini di combinazioni. Esiste anche una quinta strategia, che è sostituire il pokémon, ed apre a scenari e percorsi della partita diversi.

Infatti è un mix di psicologia, scacchi e statistica, con anche la componente fortuna. Con questo, insomma, non voglio pretendere di dire che abbiamo la passione per il gioco più complicato del pianeta, però io ci tengo sempre a ribadirlo: Pokémon non è un gioco per bambini. È complicato, ha una sua competitività che è adatta a un pubblico più adulto.

La discussione si è poi spostata sul futuro del competitivo di Pokémon nei nuovi titoli. Secondo Francesco Pardini, il nuovo meta è migliorato rispetto ai precedenti titoli, si ritorna al 2013 con connotato positivo. In cui la propria abilità può fare da padrone.

Lascia un commento