Diploma ad Honorem per un’icona del rock alternativo: Manuel Agnelli

Il 16 novembre 2022 la IULM ha avuto l’onore di ospitare una figura emblematica della rivoluzione musicale italiana: Manuel Agnelli.

Agnelli è un artista che ha assunto un ruolo fondamentale nel panorama musicale e culturale della nostra nazione per la cifra rivoluzionaria della sua musica e lo spessore della sua editoria. Per questo l’università IULM ha deciso di consegnare a lui il primo Diploma ad Honorem del Master in Editoria e Produzione Musicale.

Una figura dirompente della cultura musicale italiana

Fondatore degli Afterhours e icona del rock “alternativo” il musicista milanese è, inoltre, impegnato nell’organizzazione di iniziative culturali, nella produzione per altri artisti e nella composizione di colonne sonore e canzoni per il cinema. A tal proposito il rettore dello IULM, Gianni Canova, ricorda il David di Donatello vinto per la miglior canzone originale per il film Diabolik dei Manetti Bros La profondità degli abissi.

Il rettore spiega che la motivazione che si cela dietro il conferimento di questo Diploma è ben precisa:

Negli anni Novanta ha avuto il merito con i suoi Afterhours, di fare uscire allo scoperto quella scena alternativa italiana, spesso sottovalutata nel nostro Paese. Lui è stato un punto di riferimento di quella controcultura musicale abrasiva, che morde, che raspa, che genera dubbi, con un mix di: post-punk, hard-rock, di sperimentazione, e di testi “dada”, anarchici dallo spirito intrepido. Senza dimenticare che ha promosso nuovi gruppi e ha lanciato i Måneskin. Insomma, un artista a tutto tondo, che meriterebbe un consenso collettivo più ampio

Creatività annichilite sotto il confine dell’autodeterminazione

La parola passa all’artista, che si rivolge ai presenti con un breve excursus sui principali cambiamenti da lui osservati nel passaggio dalla sua generazione a quella di oggi.

Il cantautore definisce la sua come una generazione felice, che ha avuto la fortuna di ereditare l’esperienza della controcultura degli anni Sessanta e Settanta e quindi del concetto dell’autodeterminazione, secondo il quale l’individuo si configura come il motivo stesso della realizzazione dei propri desideri. Un’eredità non di poco conto se si tiene in considerazione il fatto che sempre più spesso i ragazzi di oggi non riescono a varcare tale confine, restando annichiliti e senza la possibilità di poter realizzare la propria arte.

La nuova industria dell’omologazione

Agnelli fa notare come dagli anni ’60 l’unicità, la diversità, si presentasse come un tratto fondamentale per il musicista. Tale aspetto potrebbe risultare molto stimolante in prima analisi, ma in realtà si configura socialmente come un peso che rende difficile l’integrazione.

Il paradosso di oggi è che in una società in cui si cerca di raggiungere l’accettazione della diversità su tutti i livelli, in realtà, a livello artistico e musicale, soprattutto, è diffusa l’omologazione.

Un’intemperie chiamata consenso

Spesso, i ragazzi di oggi sono travolti dal peso della cultura del consenso, il male più grande del nostro periodo storico, secondo Agnelli. La conseguenza principale è la mancata occasione, per i giovani, di sviluppare un proprio linguaggio, spesso salvifico.

La ricerca del consenso e dell’approvazione degli altri è una difficoltà con la quale lo stesso Agnelli ha dovuto rapportarsi. Ci confida, durante l’intervista, che la sua risposta al problema è stato l’arroganza. Ammette, tuttavia, l’insicurezza che si ha nella consapevolezza di presentare al pubblico qualcosa di dirompente, rispetto ai caratteri tradizionali della musica italiana. Allo stesso tempo, riconosce l’importanza che riveste il parere altrui nel suo mestiere, spiegando che è fondamentale che l’artista impari a convivere con esso. Raccomanda, però, di fare attenzione al fatto che la ricerca del consenso non si trasformi in una patologia che finisca per soffocare la propria creatività.

L’eredità che ci lascia Manuel Agnelli non è indifferente, ci invita a riflettere su quello che, a suo avviso, è l’unico patrimonio del nostro paese: la creatività.

Fondamentale che non venga assorbito da altri macrosistemi, divenendo una piccola cellula insignificante di un mondo che si sta degradando sempre di più.

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