Sanremo: tiriamo le fila

È la prima settimana di febbraio, ma c’è un sole tiepido, si fa un giro tra le strette vie di Sanremo, ma poi si deve continuamente correre: c’è sempre un nuovo evento da seguire, una conferenza da vedere, un’intervista da fare o un amico che non vedi dall’anno prima con cui prendere un caffè.

È così il Festival per chi lo vive da qui, da Sanremo. Sì, perché Sanremo, oltre ad essere sede dell’evento televisivo in diretta dall’Ariston, durante questa settimana ospita una serie di eventi paralleli collegati alla musica, all’arte e allo spettacolo.

Durante questi 7 giorni, una piccola cittadina ligure diventa il vero e proprio centro d’Italia. Le persone sono piene di sogni e hanno voglia di concretizzarli. Tra una chiacchiera in Sala Stampa e un drink al Casinò, spesso si possono incontrare le occasioni della vita.

Il famoso Casinò di Sanremo, ex sede del Festival

Ma com’è il festival oggi, alla sua 69esima edizione?

Sicuramente bisogna tenere conto di come il Festival di Sanremo sia molto legato alla tradizione della musica italiana, ne è il centro. È molto classico, a tratti definito anche “vecchio”. Ben diverso da un evento internazionale come l’Eurovision Song Contest, nel quale tutto è molto più snello e rapido: basti pensare che nella serata finale si esibiscono 26 artisti e in tre ore viene già proclamato il vincitore!

Le generazioni più giovani spesso condannano il Festival, definendo le classiche ballad noiose, tutte uguali e con testi scontati. Sicuramente la conduzione costantemente intervallata da siparietti e ospiti non aiuta e anzi, rende il festival ancora meno appetibile.

Bisogna considerare, però, che Sanremo non si limita ad essere solo una gara canora: è un vero e proprio evento nazional-popolare (cit. Baglioni) che per una settimana lega tutta la nostra penisola. Ha una forte tradizione alla base da ormai quasi 70 anni: difficilmente cambierà radicalmente.

Altra critica spesso mossa dalle generazioni più giovani, è quella che quando viene proposto qualcosa di nuovo, venga automaticamente screditato.  Mai come quest’anno, invece, abbiamo assistito a un perfetto connubio tra tradizione e innovazione: da una parte mostri sacri della musica italiana ormai veterani di Sanremo come Loredana Bertè o Patty Pravo, dall’altra artisti agli esordi e appartenenti ad un’altra generazione come il trapper Achille Lauro (che nessuno si sarebbe mai aspettato vedere sul palco dell’Ariston).

Basta dare un’occhiata agli ultimi vincitori: Il Volo con “Grande Amore”, canzone del genere opera pop, fino ad arrivare a Francesco Gabbani nel 2017 con “Occidentali’s Karma” e  la sua scimmia ballerina sul palco o a Mahmood. Alessandro Mahmoud, origini sarde ed egiziane, ma nato e cresciuto a Milano, ha trionfato con la canzone “Soldi” che lui stesso ha definito di genere “marocco-pop”: non sono poche le polemiche sulla sua vittoria.

Tantissime le critiche sui social (alimentate dal risentimento sul sistema di votazioni da parte del secondo classificato, Ultimo)  che definiscono la canzone “Soldi” non adatta a vincere una competizione del calibro di Sanremo.

In breve, il Festival viene costantemente messo in discussione per essere troppo legato alla tradizione, ma nel momento in cui vince una canzone diversa viene condannata per non rispettare i canoni della classicità, che di solito vengono tanto criticati.

E voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere con un commento!

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