Oriens – Radici, Amanda

Presentato alla 79esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella categoria Orizzonti Extra e al Festival internazionale del film di Toronto 2022, Amanda segna l’esordio alla regia di Carolina Cavalli.

Nel primo episodio di Oriens – Radici abbiamo deciso di proporvi un’opera prima italiana: Amanda. Uscito nelle sale il 3 ottobre, è attualmente in programmazione al cinema Anteo di Milano.

Carolina Cavalli, la regista e sceneggiatrice milanese

Amanda è il lungometraggio che sancisce l’esordio registico di Carolina Cavalli. Carolina nasce infatti come sceneggiatrice ed è conosciuta soprattutto per la mini serie Mi hanno sputato nel milkshake (2020) e per la prima stagione della serie Netflix Zero (2021).

Nel film la giovane regista milanese è autrice del soggetto e della sceneggiatura, scritti senza l’intenzione iniziale di girare lei stessa la pellicola. È solo in seguito alla proposta della sua produttrice che Carolina decide di mettere la sua firma anche alla regia.

Quando ho scritto Amanda non è che avessi delle intenzioni particolari, se non quelle di scrivere una bella storia, che è un po’ il tentativo che faccio sempre. Non è che avessi davvero un piano, avevo in testa un personaggio e penso che se tratti con rispetto i personaggi, lo stesso rispetto che hai per le persone in quanto persone, allora non ti devi più preoccupare davvero della storia.

Amanda, un film in funzione del personaggio

Amanda è la protagonista dell’omonimo lungometraggio, interpretata da Benedetta Porcaroli. In una Torino che vuole mimetizzarsi nella finzione della storia, Amanda è una ragazza appartenente alla medio-alta borghesia e da che lei si ricordi non ha mai avuto amici. L’unica persona con cui ha avuto un legame quando era più piccola è Rebecca (Galatea Bellugi) e quando lo viene a scoprire decide che dovranno per forza tornare a essere migliori amiche.

Dovranno. Sì, perché quando Amanda vuole qualcosa tenta finché non la ottiene, a prescindere da ciò che desiderano gli altri.

Nei suoi comportamenti infantili e nella recitazione straniata degli attori, il film appare simile a una favola, ma collocata in un tempo e in uno spazio concreti. I dialoghi, a prescindere dal loro tono spesso lineare e che non fa trapelare coinvolgimento emotivo, suscitano un’ironia sardonica nei confronti della protagonista. Per alcuni aspetti, la realizzazione del film e il personaggio di Amanda mi hanno fatta pensare alla pellicola Il favoloso mondo di Amelie (2002) di Jean-Pierre Jeunet.

Lo sguardo della regista e la scrittura del film creano un’alienazione nello spettatore che è al tempo stesso coinvolto dalla vicenda, ma estraniato dell’esasperazione della recitazione.

I personaggi occupano quasi sempre il centro dello schermo, che siano in primo piano o in campo lungo e lunghissimo, ed è per questo motivo che è il film a ruotare intorno a essi, nello specifico ad Amanda.

Un dialogo tra spazi e personaggi

Il film è essenziale dal punto di vista dei personaggi, infatti l’unico approfondito sullo schermo è Amanda. Tutti gli altri risultano quasi delle comparse che formano e modificano la personalità della protagonista. Svolgono quindi un ruolo fondamentale, ma restano incasellati nella loro performance, senza la trasformazione propria dello svolgimento di una storia.

Gli ambienti sono l’altro grande protagonista di questa pellicola. Ad ogni ambiente corrisponde uno o più personaggi che ne riflette alcuni aspetti per assonanza o contrasto. Amanda e la sua famiglia, ad esempio, vivono in una villa dai tratti neoclassici che ne rispecchia mondanità, agiatezza e ozio. La famiglia tradizionale borghese (madre, padre, figlie, domestica) si incastona perfettamente in un’architettura tradizionale, in cui solo Amanda emerge come la pecora nera del gregge. È infatti l’unica a cercare di rompere l’incantesimo dell’apparente tranquillità e felicità della famiglia.

Rebecca e sua madre, un nucleo familiare spezzato dalla mancanza della classica figura paterna, vivono in una villa appartenente all’architettura industriale, apparentemente più moderna, esattamente come il loro stile di vita. Infatti, invece di fare appello alla religione, come accade nella famiglia di Amanda, la madre di Rebecca si affida ad una psicologa per cercare di aiutare la figlia nelle sue difficoltà relazionali.

Il lungometraggio si presta a diverse riflessioni sia sulla costruzione dei personaggi che sull’ambiente in cui essi si muovono. La scelta da parte della regista di scrivere una storia basata su una ragazza di ventiquattro anni e di lavorare con attori giovani fa sì che il film sia attualmente tra le poche pellicole che in Italia tratta un argomento adolescenziale e post adolescenziale, una sorta di teen drama sui generis.

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