Bong Joon-ho e la rinascita del cinema sudcoreano

Ammettiamolo: quando alla cerimonia degli Oscar dello scorso 9 Febbraio Parasite è stato incoronato miglior film dell’anno, è stato difficile contenere la sorpresa. Era scontato che il film, diretto dal regista sudcoreano Bong Joon-ho, avrebbe ottenuto il giusto riconoscimento alla premiazione.

Eppure, ricevere la gratificazione più grande e desiderata a Hollywood, l’Oscar al “best picture” dell’anno, non solo ha meravigliato tutti (Bong Joon-ho in primis), ma ha reso evidente quell’aria di cambiamento che sembrava prossima nel panorama cinematografico.

Parasite sembra infatti aver aperto le porte a un cinema passato per troppi anni in sordina, sfruttando come capro espiatorio la barriera dei sottotitoli. Come lo stesso Bong Joon-ho insegna, una volta superato questo fantomatico ostacolo, non sarà difficile avvicinarsi a grandissimi capolavori. Alcuni, a opera dello stesso regista.

Mostri e assassini

Parasite è dunque sulla strada per divenire il prossimo cult cinematografico, rendendo il nome di Bong Joon-ho universalmente acclamato. Ma la sua è stata una carriera ricca di pellicole di grande valore, tutte accumunate da un’evidente e personale stile registico. In particolare, la combinazione di generi diversi si può considerare il suo marchio di fabbrica.

Ne è un perfetto esempio The Host. All’apparenza sembra che si tratti di un monster movie tipicamente americano, ma al contempo nasconde al suo interno una profonda sensibilità. Questa è anche dettata dal ritratto che Joon-ho fa della famiglia colpita da questa terribile bestia mutante. I suoi personaggi sono tutt’altro che eroici o invincibili: sono quantomai umani e vulnerabili. La forza che li anima è dettata da un amore profondo che unisce la famiglia protagonista, pronta ad affrontare tutto pur di ricongiungersi.

Tuttavia, il suo primo vero capolavoro resta Memorie di un assassino. Con evidenti riferimenti al Zodiac di Denis Villenueve, Bong Joon-ho esplora la mente di un assassino che terrorizzò una città rurale sudcoreana agli inizi degli anni ’80. Il film è stato girato nel 2003, e ad alimentare la sensazione di suspense crescente durante tutta la pellicola era la consapevolezza che a quell’epoca l’assassino non fosse ancora stato catturato.

Memorie di un assassino - Memories of Murder - Film (2003 ...
Una scena tratta da “Memorie di un assassino” (2003)

Il successo oltreoceano

Da Cannes a Venezia, Bong Joon-ho comincia a viaggiare per i festival più importanti, ottenendo ben presto riconoscimenti oltreoceano. Con Snowpiercer, pellicola fantascientifica post-apocallitica, riprende il tema della lotta tra classi, che diventerà il cuore di Parasite.

Okja è invece una favola quantomai contemporanea, dove il regista tratta in toni fiabeschi i terribili effetti degli allevamenti intensivi. Pone al centro della storia un maiale geneticamente modificato che gli animalisti tenteranno in tutti i modi di difendere.

I suoi personaggi sono spesso sopra le righe e a tratti assurdi, ma non per questo privi di profondità. Bong Joon-ho si dimostra abilissimo nel dipingere la natura umana in tutte le sue contraddizioni. Crea una rosa di personaggi dalle sfumature differenti, ma anche descritti minuziosamente. É inoltre indubbia la capacità del regista nel gestire la macchina da presa, creando inquadrature equilibrate e d’impatto, dove ogni elemento diventa una chiave di lettura per costruire (o ricostruire) la storia.

Il fenomeno “Parasite”

Bong Joon Ho on his painstaking approach to 'Parasite', Oscar ...
Bong Joon-ho e Song Kang-ho sul set di “Parasite” (2017)

Con Parasite il regista scava all’interno di un mondo frammentato e classista, in cui la lotta diventa inevitabile. Ci si chiede costantemente chi sia l’intruso, il citato “parassita” del titolo. Parte dunque da un tema più volte sfruttato in altre pellicole, seppur particolarmente caro al mondo coreano. La divisione in classi, infatti, diventa evidente a partire dalla struttura delle stesse città, con i ricchi, letteralmente “ai piani alti”, e i ceti meno abbienti quasi sepolti sotto di loro.

Ciò che sconvolge di Parasite è la sua struttura a scatole cinesi, dove l’inaspettato sembra sempre dietro l’angolo. I generi si mescolano, unendo il grottesco al black humour, il dramma alla commedia. Pianti e risate, dunque, ma dove la critica sociale è quantomai sferzante.

Amico e attore feticcio del regista è Song Kang-ho, presente in quasi tutte le pellicole sopra citate. Si tratta di un sodalizio nato all’inizio della carriera dello stesso Joon-ho, destinato a perdurare negli anni. Il suo successo, dopotutto, sembra già scritto.

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