Quale futuro per il giornalismo? Nuovi scenari e possibili minacce nell’era digital

Il giornalismo classico, quello su carta stampata, fatto di tipografie e reportage eroici, sembra finito.
Gli spazi sono sempre minori, la competizione estrema, le risorse finanziarie poche.  Eppure a sentire Luca Sofri, direttore del quotidiano online Il Post, e Christian Rocca, elegante firma de il Foglio, lo scenario è tanto in crisi quanto in radicale mutamento.
All’evento Storie Digitali della Milano Digital Week, i due giornalisti hanno discusso il nuovo modello di stampa online, le opportunità che offre e le possibili minacce. A cominciare dal rapporto con le fonti di informazione.

Sofri e Rocca ospiti della Digital Week Milano (ph. Radio IULM)

Luca Sofri si è pronunciato senza esitazioni: “nel giornalismo digitale, e questo vale anche per il Poststrumenti come Twitter, hanno sostituito le agenzie di stampa, che selezionavano le fonti prima che venissero rese Notizia”. Ma proprio a causa dell’estrema velocità dell’informazione, manca una sistema di controllo su ciò che viene pubblicato. Il desiderio di realizzare un giornale rapido e competitivo, rende difficile garantire notizie attendibili e veritiere. La soluzione al problema è di natura deontologica, cioè “occorre controllare che l’articolo dica cose vere prima che venga pubblicato, mantenere un approccio prudente e un forte senso di responsabilità nei confronti del
lettore”, conclude il direttore de il Post.

Christian Rocca ha invece parlato di un’altra minaccia per il mondo editoriale: “il bombardamento
mediatico del lettore”. L’incessante lancio di news da ogni canale virtuale a qualsiasi ora del giorno
sta massacrando i giornali in carta stampata e perfino le grandi testate online. I rimedi a questo
cortocircuito informativo si possono riassumere in due semplici parole: altissima qualità.
“Occorre affascinare il lettore e costruire un’esperienza di lettura diversa dalla breve notifica. Inoltre, un giornale per sopravvivere deve essere esteticamente bello, approcciabile e capace di fare approfondimento. Un esempio su tutti è la rivista New Yorker, attiva da più di 125 anni”.

La ricerca del consenso è un altro problema del giornalismo. Il clickbait, la ricerca del like facile, la spettacolarizzazione della notizia impediscono al giornalismo di raccontare la realtà.
“Per evitare questa corsa al ‘mi piace’ e mantenere credibilità, è importante trovare il giusto equilibrio; da una parte cercare di venire incontro alle esigenze di chi segue il tuo canale, dall’altra
provando a promuovere contenuti seri, di spessore etico“, dice Sofri.
“Il giornalismo italiano– prosegue Rocca – ha la tendenza a corteggiare i gusti del pubblico con maggior insistenza rispetto ad altri Paesi, in particolare al mondo anglosassone. L’Inghilterra per esempio, vede una differenza netta tra giornalismo ‘serio’ e i ‘Tabloid’. In Italia la distinzione è meno
marcata, e il gossip viene pubblicato insieme a fatti di forte rilevanza. Questo fenomeno rende il giornale meno autorevole, la sua voce poco credibile“.

Infine, Luca Sofri ha trattato il tema del finanziamento pubblico ai giornali italiani. Questo il suo pensiero:
“Rimane un argomento interessante, perché nessuna democrazia si regge senza un’informazione libera,
indipendente e affidabile. Oggi, anche a causa di una cattiva informazione, i regimi democratici corrono rischi enormi. Il giornalismo è un servizio al cittadino e sarebbe giusto che il pubblico lo sostenesse, in teoria. Nei fatti invece, proprio perché così discusso e finito al centro di partigianerie politiche, non ci sono le condizioni per cui un ente statale possa tutelare la libera informazione.
Troppe sarebbero le polemiche. E i risultati fallimentari. Almeno in Italia“.

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