“Non mi aspetto niente, ma sono pronto a sorprendermi!”. Queste le parole di Giovanni Moreddu, esperto di voce e insegnante al Centro Teatro Attivo. Noi lo abbiamo conosciuto nel 2023, quando era l’aiutoregista di Lara Franceschetti per lo spettacolo “Oedipo o il dubbio della conoscenza”, andato in scena per il Festival dei giovani, indetto dalla Fondazione INDA. Ciao, noi siamo Emma Cereda e Virginia Tarantino, benvenuti a “VOCE AL CUT”, cuore pulsante del teatro universitario.
Gio raccontaci di te, come hai scoperto questo tuo forte interesse per la voce?
“Io sono nato e cresciuto in un piccolo paese della Sardegna. Mi ricordo che durante le superiori, dovevo già andare a Lucca, decisi di assistere a una performance di Emanuela Pacotto, al Lucca Comics. Io all’epoca ero nella mia fase un po’ nerd. Ha fatto questo concerto dove recitava, cantava, ballava, doppiava, interpretava, faceva l’attrice in molte sue declinazioni. Io guardandola, stregato dalla sua voce, ho detto “Wow! Voglio farla anch’io quella roba lì”. Le chiesi come si facesse a diventare doppiatori e lei mi fece da mentore. All’epoca non era ancora una star, adesso è famosa e siamo molto amici. Però non ho iniziato subito a lavorare con la voce, prima ho studiato chimica all’università. Dopo ho fatto l’accademia al Centro Teatro Attivo, che dura due anni, tutto il giorno, tutti i giorni, e ho studiato le materie di base del teatro, poi ho iniziato a lavorare. Cominciavo a fare dei lavoretti nel settore. Poi c’è stata la pandemia, che ha portato alla chiusura di tutto, il nostro settore, è stato uno dei più colpiti. Quando il CTA ha riaperto, quindi dopo sette mesi più o meno, mi chiamò Annina Pedrini, che mi propose di entrare nel team. E quindi poi da lì ho iniziato a insegnare, era l’ottobre del 2020. Oggi declino il mio lavoro in tanti modi: faccio produzioni teatrali, insegno, faccio qualche doppiaggio, qualche pubblicità. È un lavoro dove bisogna un po’ costruirsi lo stipendio ogni mese”
Cos’è che ti piace nell’insegnamento?
“Il fatto che la relazione è al primo posto, cioè, vedere qualcuno crescere e comunicargli non tanto delle nozioni tecniche, quanto l’interesse per l’interesse. C’è un carteggio molto bello tra Flaubert e Maupassant dove il primo deve instradare il secondo alla carriera della scrittura. Flaubert gli disse “il talento è una lunga pazienza”, e sono d’accordo. Il fatto che, se tu parti e rimani a fissare il tuo obiettivo forse fai poco. Se invece accetti di stare nello squilibrio, nello studio, prima o poi qualche porta si apre e se sei in ascolto e la vedi e se sei capace di notarla, che è una forma di intelligenza, la strada un pochettino ti si costruisce da sola. La tecnica è più semplice da insegnare, mentre il desiderio di comunicare non si può imparare. È un po’ quello il talento, secondo me, non tanto la bravura, ma essere collegati con qualcosa che hai dentro. E riconoscerlo.
Gio, se dovessi parlare della voce, come la descriveresti?
“Io a lezione faccio sempre questo esempio, cioè, di immaginare una cascata. La cascata ha la sua massima energia quando si infrange sul suolo. Quando il canale attraverso cui passa è libero, largo, espanso. Se comincio a mettere dei blocchi, uscirà un piccolo zampillo, e invece più il canale è libero, più è largo, più è espanso, più la voce esce con facilità. Mi è venuta in mente una frase di Kristin Linklater: “don’t make the sound, release it”. Tendiamo a pensare che la voce sia in una zona molto ristretta del corpo, la gola, la laringe, il collo; quando invece la voce è soltanto l’ultimo step di un processo che parte veramente da un punto ancestrale, dal cervello che crea delle connessioni, dal corpo che reagisce, da quanti blocchi mette. E solo a quel punto la voce esce, per questo che non è così semplice averci a che fare. Le ricerche scientifiche dimostrano che un corpo libero, elastico e consapevole dal punto di vista propriocettivo, quindi di consapevolezza motoria, sia molto più libero vocalmente.
Cosa ne pensi del modo in cui l’AI sta cambiando la professione del doppiatore?
“Apriamo il discorso sull’intelligenza artificiale, che sta effettivamente creando un po’ un terremoto nel nostro settore. Secondo me è solo questione di tempo prima di venire sostituiti, accadrà. Ci sono alcuni aspetti del doppiaggio che io non vedo l’ora che vengano digitalizzati.
E per quanto riguarda l’emotività intrinsecamente umana? La macchina sostituirà anche quella?
Io credo che sia, anche qui, un fatto di relazione. Cioè, le emozioni non esistono come tali, esistono come noi le percepiamo. L’intelligenza artificiale non riuscirà a riprodurre le emozioni, ma cambierà il nostro modo di percepirle. Dobbiamo chiederci quanto noi ci stiamo digitalizzando, quanto stiamo diventando poco emotivi. Credo che gli umani cambieranno e ci stiamo già cambiando, stiamo diventando sempre più individualisti, siamo diventando sempre più chiusi. Da dopo il covid soprattutto
Una cosa che ti aspetti dal futuro?
Non mi aspetto proprio nulla. Quando mi faccio delle aspettative o mi sorprendo, oppure mi deludo. Non ho mai ottenuto quello che mi aspettavo. Diciamo che non mi aspetto niente ma sono pronto a sorprendermi. Non affronto la vita con tanto ottimismo, però anche lì è uno sforzo in più che bisogna fare. È un po’ una responsabilità, secondo me. Essere catastrofici è troppo facile. “Sta finendo tutto!”, “Il futuro farà schifo!”, “L’IA ci sostituirà!”. Sarebbe troppo semplice così. Ma le cose semplici sono noiose.
Un ultimo consiglio?
Se posso, vorrei consigliare un libro. Lo sto rileggendo in questo periodo è “Caro Michele” di Natalia Ginzburg
E voi avete mai pensato di imparare a scoprire e conoscere meglio la vostra voce? Se questo articolo vi ha incuriosito, il CUT vi aspetta numerosi l’anno prossimo!
Per questa settimana è tutto, “Voce al CUT” vi aspetta domenica prossima!
-Emma Cereda e Virginia Tarantino
Editor: Viola Pulvirenti
Per più articoli da questa rubrica: Voce al CUT – Dietro le quinte del teatro in IULM – Radio IULM
Immagine in evidenza: Archivio CUT IULM