Una lepre sulla luna, un amico volato via col vento, il giro della morte di un bambino su un’altalena, una ragazza diventata trasparente: sono solo alcuni dei racconti messi in musica da Lucio Corsi. Un cantante, più di cento storie, tutte all’insegna di un’immaginazione senza confini. Corsi è il cantastorie moderno che non sapevamo di aver bisogno.
Reduce dal Concertone del Primo Maggio a Roma, Lucio torna all’Alcatraz di Milano per l’ultima data del tour prima di volare verso l’Eurovision.
Radio Ga Ga passa la linea a Radio Mayday
Lucio Corsi, cantautore toscano classe ’93, è stato per molti la grande rivelazione del Festival di Sanremo 2025. Con la sua Volevo essere un duro, ha saputo toccare il cuore di generazioni diverse, persone che, da semplici ascoltatori domestici davanti la televisione, si sono tramutati in pubblico pagante volenteroso di ascoltare la sua arte live.
La scenografia colpisce subito: ai lati del palco, amplificatori giganti incorniciano un fondale dipinto che ritrae le note di un pianoforte che salgono verso il cielo più blu. Ad accompagnare Lucio in queste avventure live c’è una band composta da Marco Ronconi (batteria), Giulio Grillo (tastiere), Iacopo Nieri (pianoforte), Tommaso Cardelli (basso), Filippo Scandroglio (chitarra), Filippo Caretti (basso) e Carlo Maria Toller (polistrumentista).
Il pubblico è variegato: da un bambino sollevato sulle spalle del padre per vedere meglio Lucio durante le sue canzoni preferite, fino ad adolescenti entusiasti e adulti con la luce negli occhi di chi ritrova, nella sua musica, l’eco dei cantautori che hanno segnato la loro generazione. Non stupisce che, nella playlist che precede il concerto, risuonassero hit dei Queen come Bycicle Race e Under Pressure, canzoni che il pubblico conosce perfettamente. Di lì a poco, Radio Ga Ga passa linea a Radio Mayday.
Oltre i limiti della ragione
Il concerto si apre all’insegna del glam rock con Freccia Bianca, La Bocca della Verità e Danza Classica dagli album Cosa Faremo da Grandi? e La Gente Che Sogna. Ma il vero viaggio oltre i limiti della ragione inizia con Amico Vola Via. Lucio racconta di come la canzone sia nata osservando, a Lugano, le foglie cadute in strada che venivano spazzate via perché considerate sporco. «Era autunno, la stagione vive di quello», dice durante il live. E se anche le foglie avessero una vita, come ogni persona? Spazzarne una via, allora, equivarrebbe a portare via qualcuno. Da qui nasce la storia di un amico immaginario, così leggero da volare via con il vento.
Poi arriva Trieste, un elogio al vento che permette al mondo di muoversi. In un’intervista a Rolling Stone, in cui raccontava traccia per traccia le storie dietro Cosa faremo da grandi?, Lucio diceva:
«È la storia del vento e di come un giorno a Trieste la gente abbia cambiato idea su di lui, non considerandolo più un freno, ma rivalutandolo come spinta. Perché se ci pensi l’effetto del vento cambia a seconda di dove vai: se giri le spalle e cambi direzione ti spinge anziché frenarti. Per questo testo mi sono immaginato lo stesso vento come un cantante di cui l’Italia si accorse – essendo lui invisibile – solo dopo una sua apparizione in un programma tv. Di qui la rivalutazione, seguita, però, dall’eliminazione dallo show per carenza d’immagine e da un finale triste, ma non del tutto, che vede il vento tornare in piazza da solo a fischiare e a “rovinare i silenzi”.»
Lucio riesce, con poesia dolceamara, a raccontare il destino di molti talenti triturati da una macchina fin troppo crudele. A volte cerchiamo la risposta nei luoghi più rumorosi, quando invece — come direbbe Bob Dylan — “la risposta soffia nel vento“.
Tributi, rave e canzoni mai nate
Lo spettacolo prosegue con un tributo a Randy Newman, il compositore di You’ve Got A Friend In Me dal celebre film Toy Story. Lucio propone una versione italiana di Short People (“La gente bassa”), spiegando al pubblico: «Prima o poi la registrerò, forse tra sei anni». Il pubblico ascolta assorto mentre Lucio racconta come Newman venne criticato per anni a causa del testo della canzone, frainteso come un attacco alle persone di bassa statura. In realtà, l’intento era tutt’altro: una satira pungente contro il pregiudizio. Lucio non perde l’occasione di omaggiare un’artista che ha chiaramente segnato la sua carriera artistica, citando anche Burn on, canzone in cui Randy Newman dà voce a un piromane. Sempre per Rolling Stone anni fa, Lucio aveva detto: «come Randy Newman si potrebbe provare a dar voce a un leghista». E onestamente, sarei curiosa di sapere cosa verrebbe fuori.
Il concerto prosegue con il glam rock di Il re del rave, dal nuovo album Volevo essere un duro, per poi virare verso il folk acustico alla Edoardo Bennato di Senza Titolo, una storia costruita tutta per immagini. Subito dopo, chiama Houston perché c’è un problema: una lepre è arrivata prima di noi sulla luna. Dal concept album sugli otto animali della Maremma toscana, Bestiario musicale (2017), Lucio ripesca sia La lepre che Il lupo, restituendoci la sua anima primordiale da cantastorie, una sorta di moderno Fedro.
A seguire, recita alcune strofe di una canzone mai registrata, come fosse una poesia, per poi omaggiare Modugno con Nel blu dipinto di blu, suonata alla tastiera.
Un live imperfetto ma perfetto
Il live continua in modo imperfetto, sgangherato, libertino: Lucio corre a destra e sinistra accanto alla platea, si lancia tra il pubblico, mentre dietro di lui gli addetti ai lavori impazziscono cercando di tenere il passo con i cavi del microfono. Più si va avanti, più aumentano le improvvisazioni: casse che fischiano, chitarre scordate, ripartenze incerte.

Nel frattempo, Tommaso Ottomano e Francis Delacroix si uniscono a un glam party sempre più pazzamente rock. Durante Il lupo, Lucio ammette di non ricordarsi perfettamente le parole e che per questo le leggerà dal leggio, inutile girarci intorno. Ma per problemi tecnici è costretto a colmare il vuoto dettato dagli aggiustamenti della sua band cantando Hai un amico in me al piano. Ovviamente, nulla è mai come sembra, e la risposta arriva alla fine con Astronave Giradisco:
Nel mondo senza difetti
Astronave Giradisco – Lucio Corsi
Dove gli umani erano gli unici assenti
Dove le statue camminavano
Quale sarà la nostra bandiera?
Il tono si fa più serio nella fragilità e delicatezza di una sezione che comprende Nel cuore della notte e Cosa Faremo da Grandi?, accompagnate dalla flebile voce del pubblico che canticchia timidamente le canzoni, come a non voler rompere l’intimità del momento. Al centro della scena, Lucio al piano, illuminato solo da un fascio di luce dall’alto.

Quale sarà la nostra bandiera nel cuore della notte? e Che cosa faremo da grandi? sono i due interrogativi che si intrecciano e riecheggiano nello spazio del live. Ma Lucio, in fondo, ha già trovato le risposte. A Sanremo, in conferenza stampa, aveva raccontato: “Mio padre mi ha sempre detto che non bisogna puntare a tagliare un traguardo, ma a delle linee di partenza. Si può trovare il modo di essere felici anche con delle ripartenze, non per forza degli arrivi e diventare chissà chi.” E penso che queste parole riassumano perfettamente che tipo di artista è Lucio Corsi.
Lo spettacolo si conclude con Altalena Boy, scritta da Lucio a soli 18 anni e contenuta nel suo primissimo album Altalena Boy / Vetulonia Dakar (2015). La storia — o meglio, la leggenda — dell’unico ragazzino che riuscì a fare un giro completo sull’altalena, volando lontano nel cielo. “Io spero che sia vera” conclude Lucio. E in fondo anche noi vogliamo credere che sia una storia vera, o forse basta una canzone per farcelo credere. È proprio questo il dono più grande di Lucio Corsi: ricordarci che non esiste un’età per viaggiare con l’immaginazione.
Immagine in evidenza: Margherita Medicina