Il discendente di Testore, il “vate senza macchia”, colui che, ricevuto dal dio Apollo il dono della profezia, divenne un indovino senza pari. Calcante è presente in Iliade 1.0, una delle produzioni teatrali che il CUT sta preparando per questa stagione con la regia di Lara Franceschetti. Ma chi è Calcante? Un semplice indovino di Ifigenia in Aulide o un personaggio di grande importanza? Sono Gabriella Silvestri, faccio parte del Centro Universitario Teatrale IULM da un anno e sono entusiasta per questa settimana di darvi il benvenuto a Voce al CUT!
Saranno amari, per Calcante l’indovino, i grani d’orzo e le fonti lustrali
Che cos’è un indovino, che bugie ne dice molte e poche verità,
e finisce lì se non coglie il segno?
(Commento di Achille a Clitemnestra. Euripide, Ifigenia in Aulide, 956-958.)
Tra le pagine dell’Iliade – “Come augure Calcante non teme alcun rivale”
Una delle apparizioni più celebri di Calcante è quella nell’opera “Ifigenia in Aulide” di Euripide. Rinunciò ad appoggiare il rapimento di Elena a causa del rifiuto di Priamo nei confronti della proposta di restituzione della donna, alzata da Agamennone. Gli venne ordinato di andare a Delfi per consultare la Pizia (sacerdotessa di Apollo, custode dell’onfalo, cuore religioso e politico dell’antica Grecia), data la sua posizione di sacerdote del dio Apollo. Successivamente all’annuncio della disfatta di Troia, la Pizia consigliò Calcante di diventare amico dei Greci per impedire loro di rinunciare all’assedio prima di procurarsi la vittoria.
Calcante, al suo ritorno, predisse che per garantire venti favorevoli alla spedizione della flotta greca verso Troia (che si era radunata in Aulide), Agamennone avrebbe dovuto sacrificare la figlia Ifigenia per placare l’ira della dea Artemide, offesa da Agamennone a causa dell’uccisione di un cervo sacro (in altre versioni, perché aveva ucciso un cervo in un bosco sacro) e si era vantato di essere un cacciatore migliore di lei. Nell’Iliade, Calcante è la figura scatenante della diatriba fra Agamennone e Achille. Egli annunciò agli Achei che, per fermare la pestilenza che li aveva colpiti grazie all’ira del dio Apollo, Agamennone avrebbe dovuto restituire Criseide al padre, Crise, sacerdote di Apollo.
La morte di calcante
Esistono diverse versioni sulla morte di Calcante; nella prima, Calcante morì di vergogna a Colofone (evento narrato nei cicli dei Nostoi e nella Melampodia), in Asia Minore, poco dopo la fine della guerra di Troia, per essere stato sconfitto dal profeta Mopso in una gara di divinazione. Calcante, in passato, aveva predetto che egli sarebbe morto quando qualcuno sarebbe stato in grado di sorpassarlo. Strabone e lo Pseudo-Apollodoro narrano la sfida nei dettagli, descrivendo la morte di Calcante per crepacuore e la sua sepoltura a Nozio. Nella seconda, si dice che Calcante morì per il troppo ridere quando, una volta giunto il giorno in cui aveva predetto la sua morte, quest’ultima non succedeva. Nella terza, Calcante fu ucciso con un colpo alla testa perché non indovinò, su richiesta di Sisifo, il numero di fichi che si trovavano in un albero.
Tra le tavole del teatro – “Dobbiamo liberare la ragazza prima che sia troppo tardi”
In Iliade 1.0, Calcante (interpretato da Giuseppe Bucca) esegue il suo ruolo da profeta. Dopo il rapimento di Criseide, annuncia ad Agamennone che, per salvare il proprio esercito dall’ira di Apollo, dovrà riconsegnare la ragazza. A causa di ciò, sappiamo già (soprattutto se avete letto l’articolo su Achille in questa rubrica) che Agamennone si prende Briseide, la schiava di Achille, causando l’ira di quest’ultimo.
Purtroppo, il profeta ha una singola apparizione nell’intera produzione, ottenendo quindi una funzione da “miccia”, accendendo il fuoco della diatriba fra Agamennone ed Achille. Una figura che, all’occhio dello spettatore, potrebbe sembrare marginale, ma che ha molta più importanza di quanto si pensa. È colui che scatena l’ira di Agamennone che lo arriva a definire un “profeta di sciagure” che rivela solamente il male e gli fa prendere l’affrettata decisione di liberare Criseide, ma di prendere Briseide per sé.
Ed è qui che si conferma ciò che disse Stanislavskij: “Non esistono piccole parti ma solo piccoli attori”.
Agli occhi degli spettatori, la figura centrale risulterà essere il protagonista, ma non si può fare errore più grande! Se non fosse per tutti i personaggi secondari, che portano avanti la storia attraverso le loro parole e azioni, non si riuscirebbe mai a raggiungere la coerenza e la perfezione in scena.
Per questa settimana è tutto, “Voce al CUT” vi aspetta domenica prossima!
-Gabriella Silvestri
Editor: Viola Pulvirenti
Per più articoli da questa rubrica: Voce al CUT – Dietro le quinte del teatro in IULM – Radio IULM
Immagine in evidenza: Simone Longo