Domenica 27 aprile, i The Lumineers esibiscono a Milano per la quarta volta nella loro carriera, questa volta al Forum di Assago.
La loro primissima esibizione milanese risale al 2013, al Circolo Magnolia, in occasione della prima edizione di Unaltrofestival. Sono poi tornati nel 2019 all’Alcatraz per il tour dell’album III e nel 2023 al Carroponte di Sesto San Giovanni per il Brightside World Tour.
Questa volta, invece, sono approdati all’Unipol Forum per un’unica data italiana in un palazzetto quasi sold out. Jeremiah stesso sottolinea durante il concerto quanto questa data sia speciale: “è il nostro concerto più grande mai fatto in Italia” dice con gratitudine. Dai festival ai club fino ai palazzetti: indubbiamente è un traguardo notevole. Ad aprire il concerto dell’Automatic Tour è stato Michael Marcagi, cantautore emergente statunitense originario di Cincinnati, la cui canzone Scared to Start, diventata virale su TikTok, ha raggiunto oltre 600 milioni di ascolti su Spotify proprio grazie alla popolarità ottenuta sulla piattaforma.
Long live folk
Il progetto musicale The Lumineers nasce nel 2005 dall’incontro tra Wesley Schultz e Jeremiah Fraites. Nel corso della loro carriera — accompagnata dall’alternarsi di diversi membri — la band si è fatta conoscere per la ricercatezza dei testi e per un sound acustico, tradizionale, perfettamente in linea con la storia del folk americano. Sulla scia di una tradizione musicale nata come racconto popolare, i The Lumineers si sono distinti soprattutto per le loro doti di autentici “cantastorie”.
È solo nel 2012 che pubblicano il loro primo album, The Lumineers, contenente il brano Ho Hey, che li porterà a conquistare un successo travolgente scalando le classifiche di tutto il mondo. Il pezzo non solo diventa una hit internazionale, ma viene anche utilizzato in celebri serie televisive come The Vampire Diaries, Hart of Dixie, Bones e X-Files. Ma solo i veri fan di Reign — famosa serie televisiva su Maria Stuarda — sanno che la loro canzone Scotland venne scelta per la sigla ufficiale.
Dopo questo album, che potremmo definire quasi “di presentazione”, i The Lumineers hanno continuato ad arricchire il panorama musicale internazionale con progetti sempre più ambiziosi e complessi. Nel 2016 pubblicano Cleopatra, un’opera-racconto dedicata alla vita della regina egizia. Con il loro terzo album, III, narrano invece la storia della famiglia Sparks, attraverso una struttura in tre capitoli distinti. Nel 2022, in un mondo che stava ancora facendo i conti con le ferite aperte dalla pandemia di Covid-19, pubblicano Brightside.
Infine, nel 2025 ritornano con Automatic, un album contemporaneo che racconta — citando le parole di Schultz in un’intervista per Billboard Italia — «alcune delle assurdità del mondo moderno, come il confine sempre più labile tra ciò che è reale e ciò che non lo è, e la varietà di modi in cui ci intorpidiamo cercando di combattere sia la noia che la sovrastimolazione.»
Sempre le stesse vecchie canzoni
È proprio con Same Old Song, il primo singolo del nuovo album, che il concerto prende ufficialmente il via. I due schermi laterali al palco alternano inquadrature di Wesley e Jeremiah alla batteria. Il palco principale non presenta una struttura particolare, ma è possibile notare un pianoforte a muro, diverse chitarre — sia elettriche che acustiche — percussioni e batterie. Da qui si sviluppa una passerella a forma di freccia che punta verso il pubblico. Alle spalle degli strumenti, un megaschermo è incorniciato da colonne cilindriche composte da pannelli luminosi a led che volteggiano e cambiano posizione in base alla canzone, creando scenografie sempre e diverse. “Ai cilindri piace cambiare” direbbero i fratelli Weasley.

Lo spettacolo si anima particolarmente con Flowers in Your Hair e Submarines, due brani dal ritmo serrato, scandito da batteria e tamburi, a cui il pubblico cerca di unirsi battendo le mani a tempo. Tutta la band si trova alla fine della passerella. Qui saltano all’occhio i colori dei vestiti scelti dalla violinista polistrumentista Lauren Jacobson insieme a Jeremiah e Wesley, rispettivamente in verde, bianco e rosso.
Di lì a poco si passa alle solite vecchie canzoni d’amore con la ballad You’re All I Got, eseguita solo con l’accompagnamento della chitarra: un momento speciale, reso ancora più suggestivo dalle torce dei telefoni accese dai fan. Si prosegue poi con WHERE WE ARE e A.M. RADIO, dall’album Brightside.
Strette di mano e coriandoli
Il concerto è diventato un rollercoaster di emozioni, da ballad a canzoni ritmate in cui la gente si scatena saltando e battendo le mani. La festa continua con Ho Hey e Angela, due dei loro brani più amati. Sul palco la macchina del live è in continuo movimento: chi prima suonava il pianoforte ora imbraccia il mandolino, chi era al violino passa alle percussioni. Tutti i membri dei The Lumineers sono polistrumentisti, e il cambio di strumento tra una canzone e l’altra sembra essere una caratteristica distintiva della band. È uno spettacolo musicale straordinario, un vero e proprio inno alla musica in tutte le sue forme.
Ma non finisce qui: durante BRIGHTSIDE, Wesley scende dal palco per camminare tra il pubblico del parterre, ovviamente scortato dalla sicurezza, stringendo mani e abbracciando fan sulle note di un testo che recita: “sarò la tua luce stasera”. Un gesto che ricorda il celebre video di You Are Not Alone di Michael Jackson, il quale ha fatto sicuramente scuola, in quanto mostrava una fan fatta salire sul palco: l’effetto, qui, è simile, ma allargato a tutta la platea.
Subito dopo si cambia di nuovo atmosfera: parte Sleep On the Floor, accompagnata da uno spettacolare lancio di coriandoli che fanno sempre la loro figura scenica.

Il sale nel mare
I The Lumineers non hanno mai fatto segreto di essere dei gran fan delle canzoni d’amore sdolcinate: tra un brano e l’altro, è lo stesso Wesley ad ammettere “abbiamo scritto più di cento canzoni d’amore”. Tuttavia, la band non ha mai avuto timore di affrontare anche temi più cupi, come la dipendenza e la depressione. Una di queste canzoni è Salt and The Sea che (a mio parere) è stata la performance più toccante della serata. Abituati ad ascoltarla con accompagnamento di chitarra, in questo caso è stata eseguita una versione simile a quella registrata agli Electric Lady Studios di NY, pubblicata su Spotify nella rubrica Spotify Singles, caratterizzata dalla presenza aggiuntiva del pianoforte. La “nudità” dell’arrangiamento ha permesso di toccare delle corde profonde dell’animo umano con la sua solennità.
In un’intervista passata, Jeremiah aveva raccontato il significato profondo del brano, ispirato dalla perdita del fratello a causa di un’overdose da eroina. È proprio da quel dolore che nasce il legame musicale tra Jeremiah e Wesley: iniziano a scrivere canzoni insieme come modo per elaborare il lutto, dando vita a quello che poi diventerà il progetto The Lumineers.
Altrettando struggente è stata l’esecuzione di Charlie boy, cantata in duetto con Michael Marcagi. La voce calda e profonda di Michael si fonde perfettamente con Wesley, conferendo al brano il giusto tono per raccontare la tragica storia di un giovane soldato costretto a morire in battaglia. Anche questa canzone nasce da una storia reale ispirata allo zio di Wesley, morto durante la guerra del Vietnam.
Verso la fine di una grande parata
Come direbbe Ellis Grey: «il carosello non smette mai di girare». Ed è proprio un carosello quello che appare sul megaschermo e introduce Big Parade. «Let me try something», dice Wesley. A sorpresa, le strofe non vengono cantate da lui, ma dai suoi compagni di viaggio, che si alternano anche nella parte vocale. La reazione del pubblico è esilarante e sta al gioco acclamandoli uno ad uno.

Tra tutti, spicca la folle energia di Stelth Ulvang, che conclude la canzone facendo una verticale sul pianoforte. Ma non si ferma qui: durante gli ultimi brani corre tra il pubblico sugli spalti, chitarra in mano, con una tale velocità che nemmeno le luci sceniche riescono a stargli dietro. La sua è stata un’energia contagiosa, una dimostrazione senza confini di amore e passione per la musica. Lo stesso team social della band ha scherzato nelle stories scrivendo: «nell’episodio di oggi di Dov’è Stelth?».
Lo spettacolo si avvia alla sua conclusione con Cleopatra e Stubborn Love, chiudendo un concerto della durata di ben due ore e quaranta minuti. Per i fan, è stato sicuramente un concerto indimenticabile; per chi non era fan, è facile che lo siano diventati dopo questa serata. Ciò che è certo, è che i The Lumineers hanno saputo trasmettere una professionalità artistica e musicale altissima, lasciando che fosse la musica, in tutte le sue forme, a parlare.
Immagine in evidenza: Giulia Impiombato