“Boston Marriage”, Maria Paiato a Radio IULM: “Il teatro è comunità”

Boston Marriage, il testo ironico e raffinato di David Mamet, diretto da Giorgio Sangati, è tornato a teatro con la sua eleganza e il suo sarcasmo pungente. Le tre interpreti, Maria Paiato, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria, esplorano amore, amicizia e indipendenza femminile con un linguaggio tagliente e dialoghi serrati, in uno spettacolo dalla sorprendente modernità e capacità di intrattenere, che girerà in diverse città italiane fino a metà aprile 2025.

David Mamet – l’autore

Noto per i ritmi serrati dei suoi dialoghi e dalla tensione delle sue battute, il drammaturgo, sceneggiatore, regista e saggista statunitense è celebre per varie opere teatrali, come Glengarry Glenn Ross (1981), e per film come House of Games (1987) e Il postino suona sempre due volte (1981). Il suo stile complesso affronta tematiche complesse, spesso riguardanti la psicologia umana, tra tradimenti e manipolazioni. Boston Marriage non fa eccezione, raccontando una vicenda che esplora il desiderio, la gelosia e il forte bisogno di stabilità emotiva.

Cos’è il “Boston Marriage”?

Il “matrimonio bostoniano”, come termine, nasce nel New England nei decenni a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Indicava una relazione, non per forza romantica o sessuale, tra due donne che decidevano di convivere rendendosi indipendenti dal supporto finanziario di un uomo. Queste donne diedero vita ad una nuova classe, lontane dalla sottomissione economica all’uomo. In una società che spesso non le vedeva di buon occhio, loro si supportavano a vicenda, portando avanti anche battaglie sociali e culturali che stanno alla base del femminismo come lo conosciamo oggi.

La trama

La vicenda, ambientata a fine XIX secolo, segue le vicende di due donne, Anna e Claire, coinvolte in un rapporto che va ben oltre l’amicizia. La prima è sconvolta quando, al ritorno dell’altra, questa le confessa di essersi innamorata di una ragazza più giovane, che vuole coinvolgere nelle loro vite. Le scene comiche costellano tutto lo spettacolo, come quelle che coinvolgono la cameriera Catherine, un personaggio caricaturale, a tutti gli effetti una macchietta, che viene spesso maltrattata dalle due donne. Ci sono però anche moltissimi momenti di vulnerabilità tra le due amiche e amanti, che ricordano la loro giovinezza e il loro amore, in un presente incerto.

Mariangela Granelli e Maria Paiato nei panni di Claire e Anna

Tematiche dello spettacolo

Al di là della trama accattivante, Boston Marriage affronta temi di grande rilevanza, come l’indipendenza femminile, le relazioni omosessuali contro la repressione della società e il ruolo del denaro all’interno delle relazioni. In un perfetto equilibrio tra leggerezza e profondità, lo spettacolo sa far ridere e riflettere con i suoi dialoghi incalzanti, con personaggi sfaccettati che si divertono con doppi sensi e battute che riflettono la loro intelligenza e il loro spirito ribelle.

Maria Paiato nei panni di Anna

Anna, la padrona di casa, risulta da subito il personaggio più complesso, una donna intelligente dal carattere dominante, che si guadagna l’indipendenza con i favori di un ricco protettore. Anna è sarcastica e pungente, ma i suoi monologhi rispecchiano una forte fragilità interiore, che confida solo a Claire, sua amica e compagna. Il bisogno d’amore si scontra con la paura dell’abbandono tanto da far diventare l’ironia una maschera dietro cui nascondersi. L’interprete del personaggio, Maria Paiato, la rappresenta perfettamente in tutti i suoi lati nascosti, grazie anche alle grandi capacità interpretative, saltando abilmente dal drammatico al comico. Questo stesso ruolo le ha fatto vincere il premio Maschere del teatro italiano 2024 come migliore attrice protagonista. In occasione della messa in scena di Boston Marriage a Monza nel pomeriggio di domenica 2 marzo, ha risposto a qualche nostra domanda sullo spettacolo.

Qual è stata la sfida più grande nell’interpretare il ruolo di Anna?

“La sfida, tutte le sere, è quella di farcela fisicamente. È un personaggio molto divertente che avevo veramente voglia di fare, per cui la sfida non è nel come dire le battute o l’interpretazione, è venuto tutto molto naturale. La cosa più faticosa per me è proprio la tenuta fisica, quindi devo prendere integratori. Anche vocalmente è molto sfidante per me, perché improvvisamente da che parla soave, subito alza il tono. La voce e le corde vocali ormai sono abituate e sanno da sole ciò che devono fare, però le sottoponi ad un forte stress.”

La scena che preferisci di questo spettacolo?

“Ce ne sono tante. Una che mi piace moltissimo è quella in cui dice “L’amore è giusto? È giusto che il mare, per esempio, infuri, ampio e selvaggio, cancellando città…” perché lì poi, mentre fa le cose si dimentica quel che deve dire. Questo mi diverte molto, questo continuo saltare da uno stato all’altro”

Il titolo fa riferimento a una relazione tra donne in un’epoca in cui non era apertamente accettata. Oggi la società è cambiata, ma pensi che il tema sia ancora in qualche modo attuale?

“Sì, è vero che oggi è diverso, però non è sdoganato come l’omosessualità maschile, a cui siamo più abituati. Sulle donne c’è ancora un po’ di resistenza e comunque, siccome l’omosessualità femminile è un tema che viene dato al pubblico attraverso i meccanismi della commedia e del divertimento ha ancora senso farlo.”

Quale messaggio speri che il pubblico ricavi dopo aver visto questo spettacolo? 

“Spero che il pubblico capisca che il teatro ha ancora un senso, quando è fatto bene, non solo quando c’è una commedia di mezzo, ma anche con un dramma, quando è recitato bene e quando la regia capisce in che direzione andare. Allora il teatro può essere un momento che ti porta a lavorare con il cervello e con l’immaginazione, in un modo differente da quello che è oggi tutto l’audiovisivo. Oggi vediamo troppe cose, i film e le serie tv ci fanno vedere qualcosa e noi solo quello vediamo. Il teatro ti fa immaginare altre cose. In questo caso c’è un salotto riprodotto, però ci sono spettacoli più scenograficamente sguarniti, in cui il pubblico immagina tutto. Io penso che il teatro possa dare questo bello sforzo produttivo per la mente, e il fatto che ci si incontra in quel momento lì. Ogni spettacolo è unico, ieri sera sono successe altre cose. C’è una presenza fisica vera, prima di arrivare agli ologrammi, godiamoci questa possibilità di stare vicini ancora, di creare comunità e unione.”

La potenza del teatro

È quindi questa la forza incontrastabile del teatro, la performance dal vivo nel suo hic et nunc imprevedibile, l’unicità delle rappresentazioni. Con la sua straordinaria capacità di ibridare generi e linguaggi, il teatro è un momento di riflessione in un mondo dominato dalle informazioni superficiali. L’esperienza collettiva che si vive in sala rafforza il senso di comunità e di appartenenza, cosa che invece non succede con le visioni individuali di prodotti audiovisivi. Nonostante le sfide della tecnologia e dei nuovi media, il teatro sopravvive come arte viva capace di reinventarsi, rimanendo un’esperienza fondamentale nella società contemporanea.

Immagine in evidenza: Adele Meroni (Ph)

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1 Commento

  • Pubblicato il 3 Marzo 2025 19:03 0Likes
    Cinzia

    Volevo ringraziare l autrice di questo articolo, è riuscita a farmi rivivere lo spettacolo e le emozioni anche senza vederlo, sarà mia premura andare e viverle di persona. Grazie

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