Pubblicità in radio, la musica è così importante?

Durante la sesta edizione del Radio Research Conference, Ecrea, di cui abbiamo già parlato (LINK QUI), un gruppo di studenti ha potuto seguire interessanti panel, tutti riguardanti il mondo della radio.

In uno degli incontri, frequentato principalmente da studiosi del settore, il discorso si è concentrato sul mondo della pubblicità applicata alla radio e al podcast. La ricercatrice Emma Rodero, professoressa associata dell’università Pompeu Fabra di Barcelona, che vanta due Ph.D in comunicazione e psicologia, tra gli altri panelisti si è distinta illustrando i risultati preliminari di una ricerca sull’importanza del suono e la sua conseguente influenza sulla pubblicità sonora.

La professoressa Rodero ha fin da subito sottolineato come la ricerca si sia svolta in due fasi: dapprima somministrando questionari online agli studenti di università spagnole e messicane, successivamente “controllando” le risposte di alcuni di loro con apparecchiature che monitoravano le loro risposte fisiologiche all’esposizione pubblicitaria in cuffia.

Tra i risultati dei questionari, spicca un dato nello specifico: il 17% degli intervistati ascolta tracce audio (tra le quali includiamo musica, podcast e radio) per più di 5 ore al giorno, dimostrando così una totale dedizione. Tra i mezzi utilizzati per farlo, ovviamente, primeggia il cellulare. Si aggirano, invece, intorno al 20% – 24% le fette di pubblico che ascoltano fonti audio dalle 2 alle 4 ore giornaliere.  Solo il 5% del campione ascolta meno di un’ora al giorno.

I commenti aggiuntivi a fine questionario sembrano alimentare ulteriormente i risultati delle statistiche: “Il sonoro è l’essenza della mia giornata”, e anche “l’audio può influenzare il mio stato d’animo”. Le risposte fisiologiche controllate attraverso moderni sensori, capaci di captare gli indici di attenzione, dimostrano però, che gli studenti riconoscono facilmente uno spot pubblicitario, facendo calare drasticamente gli indicatori della loro attenzione.

Nonostante possano sembrare contrastanti con ciò che viene espresso liberamente, commenti del genere, dimostrano che la corretta struttura audio di un contenuto, o il suo sound design, non solo lo rendono riconoscibile, e nel caso della pubblicità scarsamente considerato, ma possono influenzare la buona riuscita di uno spot o di un podcast, tanto da far appassionare i propri ascoltatori e spingerli a dedicare numerose ore della propria giornata all’ascolto di contenuti sonori.

Secondo la ricercatrice e i suoi colleghi, non solo i ragazzi trovano che le pubblicità siano poco interessanti, ma che ripetendo sempre gli stessi schemi audio, queste, diventino anche poco adatte al loro scopo. Il fatto che le soglie d’attenzione radicalmente calino, ne sono la conferma pratica e scientifica.

Cosa si può fare per rendere quindi i contenuti più appassionanti per gli ascoltatori? Nel dibattito nato a seguito della presentazione, gli studenti hanno avuto modo di confrontarsi con la professoressa, che, denunciando la poca fiducia dei produttori nei confronti delle giovani leve, sottolinea la loro importante presenza per il rinnovamento stilistico e contenutistico, non solo di branded advertising, ma anche del podcasting.  È necessario che, per lo svolgimento di queste professioni creative, alle spalle venga svolta una formazione specializzata.

L’augurio dei partecipanti, insomma, è quello che la si smetta di improvvisarsi podcaster, producer o creatori di contenuti, senza avere alle spalle una formazione specifica per farlo. I risultati potrebbero in alcuni casi essere comunque di qualità riconoscibile, in altri, invece, svalutano molto la credibilità dei professionisti del settore e di coloro che si accingono ad esserlo.

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