Dalle web radio al primo show d’Italia. Marco Dona e i vent’anni dello Zoo di 105

Molti lo amano, tanti lo odiano ma tutti lo conoscono. Era il lontano 1999 quando un ragazzo milanese decise di creare un programma che avrebbe fatto la storia della radiofonia italiana: il ragazzo era un giovane Marco Mazzoli e il programma in questione era lo Zoo di 105.

Da sinistra Fabio Alisei, Pippo Palmieri, Marco Mazzoli, Paolo Noise, Wender, Marco Dona

Sono passati quasi vent’anni e nonostante centinaia di querele, denunce, sospensioni e licenziamenti la cumpa di via Turati – sede di Radio 105 – continua ad esserci e a far ridere milioni di ascoltatori, confermando di essere il programma più ascoltato d’Italia (dati Eurisko).

Il programma più irriverente e più amato dagli italiani raccontato attraverso la storia personale e radiofonica di Marco Dona, speaker e componente dello Zoo di 105, nato professionalmente in una web radio come la nostra.

La tua passione,la radio, è diventata la tua professione. Ma quando finisce la passione, il divertimento e comincia il lavoro?

La passione finisce nel momento in cui ottieni quello che vuoi. Quando diventa la routine devi trovare qualcosa di stimolante che ti faccia continuare ad amare il tuo lavoro. Iniziai anche io con una web radio: Radio Funghetto. La creai circa 20 anni fa e fu una delle prime web radio in italia. Ero giovane e con amici raccattammo delle figure improvvisate per coprire le necessità primarie. Era una novità in italia, roba marziana per tutti.

Da una web radio, alle radio locali, fino allo Zoo di 105.

In una delle radio locali conducevo un programma alla sera, scendevo in strada col microfono e portavo in diretta tutti quelli che passavano, proprio tutti: dal ciclista al trans, dal semplice passante ai senzatetto. Non conoscevo ancora lo Zoo, ma dopo poco me lo fecero ascoltare e riconobbi in loro quella pazzia che rivedevo in me.

Sei in una dell maggiori emittenti radiofoniche italiane. Che differenze ci sono rispetto alle altre radio, ma soprattutto quanto è necessaria l’apertura mentale e culturale per mandare in onda un programma come lo Zoo?

Penso che l’ apertura mentale non sia l’unica caratteristica per il nostro funzionamento. Il nostro successo e la nostra libertà sono il frutto del lavoro del nostro attuale direttore Angelo De Robertis e dalla mentalità avanti anni luce dell’ex direttore Alberto Hazan che ha saputo proporre un prodotto differente da altri e sdoganare le follie di Marco Mazzoli e Marco Galli. Ora Mediaset -l’azienda attualmente proprietaria del gruppo Radio101, Virgin Radio e Radio 105- ha una visione prettamente aziendale, come giusto che sia e lavora in base ai numeri.

Essere dello Zoo di 105 vuol dire anche a che fare con querele e critiche brutali. Secondo te perchè funziona questo tipo di format in un’ Italia vecchia e politically correct?

Semplicemente funziona perchè il nostro linguaggio è lo stesso linguaggio del popolo. Ascoltare lo Zoo è come ascoltare il discorso di un gruppo di amici che si trovano al bar, quindi semplice e a volte volgare. Col passare del tempo la gente sta capendo ed inizia a conoscermi. Certo, le querele e le denunce sono all’ordine del giorno. Una volta una ragazza, che lavora vicino la radio, ha ascoltato un mio blocco e mi ha attaccato su Instagram dandomi del razzista. Il giorno dopo, nell’ora di pranzo, andai a chiarirmi di persona e vidi che stava cacciando un ragazzo di colore perchè le aveva chiesto qualche moneta. E’ l’incoerenza il problema principale.

Come gli stessi che oggi accusano lo zoo di essere sessista e xenofobo, ma tre anni fa difendevano a spada tratta la libertà d’espressione di Charlie Hebdo

Esatto. Ultimamente sono stato attaccato da un giornalista di Rolling Stones, il quale mi accusava di aver creato la canzone più razzista degli ultimi 70 anni – la canzone in questione è “Vengo da Ghana“-. Senza nemmeno interpellarmi. Ho subito replicato mettendo le cose in chiaro e spiegando che ovviamente non sono razzista e che la canzone non ha niente a che fare con il razzismo, anzi. Purtroppo molta gente fa affidamento solo ed esclusivamente a ciò che i tal giornalisti scrivono. L’informazione va a periodi e mode: quando è crollato il ponte Morandi, per settimane tutti parlavano solo di ponti, quando esce la notizia di uno stupro tutti parlano di stupri soltanto per avere qualche click in più. E così con lo Zoo.

La risposta comico satirica di Dona all’attacco di Rolling Stones nel video qui sotto.

La musica non è l’elemento fondamentale dello Zoo di 105, ma secondo te come cambia il rapporto tra musica e radio, ora che piattaforme come Spotify e Apple Music hanno milioni di iscritti?

Marco Dona, classe 1981

Ormai non c’è piu il vincolo,è cambiato tutto con Spotify. E’ tutto diverso rispetto a prima. Ora la conduzione dello speaker, la capacità di interagire con l’ascoltatore, e il lavoro con i social sono gli aspetti fondamentali per una radio di successo.

Riesci a trovare una motivazione per cui i giovani non ascoltano più la radio?

La radio di oggi è noiosa, monotona. Te ascolteresti una radio di due settantenni che parlano dei loro argomenti? No, ovviamente. Io lavoro nello Zoo da neanche un quarto della vita del programma – lo zoo è nato nel 1999– ma mi sono accorto dell’evoluzione dello stesso Zoo e del fatto che molti programmi imitano le sue caratteristiche. Ma non ne nascerà mai un altro successo. Dipende tutto dal periodo storico, come non nascerà mai un altro Michael Jackson e uno che prova ad imitarlo non farà mai il suo successo.

E per avvicinare i giovani al nostro amato medium?

E’ da un po’ che ho in mente questa idea, se vuoi te la cedo perchè io non ho sbatti di crearla (ride, ndr)

Allora se sfondo compro l’intera 105…

L’idea è un’app radio con uno speaker senza musica, che direttamente dallo smartphone, in automatico lancia la musica e dopo parte una tua canzone presente nel tuo telefono. Una sorta di radio fm personalizzata, che permetterebbe l’avvicinamento dei giovani alla radio.

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